L’anno scorso, più o meno in questo periodo, a maggio, Panos Laskaridis, armatore greco e membro del direttivo dell’Associazione di categoria delle aziende del settore, fece una dichiarazione sconcertante:
“Chi lavora nello shipping non ha bisogno del governo greco, non ha bisogno del ministero né dell’International Maritime Organization, e neanche del nostro primo ministro. Possono fottersene del primo ministro. Non ne hanno bisogno. Perché? Perché lo shipping non ha nulla a che fare con la Grecia. Non c’è nulla che un armatore possa ottenere dalla Grecia. Le navi mercantili non vanno in Grecia. Non abbiamo contratti dalla Grecia. In Grecia non c’è nulla. Solo gli uffici. L’80% delle navi batte bandiera straniera. Della bandiera greca non gliene frega nulla.”
Pochi giorni dopo è stato costretto a dimettersi dal direttorio dell’Associazione degli imprenditori marittimi proprio a causa di queste affermazioni fatte senza peli sulla lingua.
A un anno di distanza è ovvio che gli armatori greci hanno altre preoccupazioni in mente: le sanzioni contro il trasporto e il commercio di gas russo. In quell’intervista Panos Laskaridis fece anche un’altra affermazione, che all’epoca però non catturò l’attenzione del pubblico, ma oggi trova nuove conferme proprio a seguito delle sanzioni contro la Russia. Disse: “Il governo greco fa quello che l’associazione armatori gli dice di fare.”
A conferma delle sue parole il governo greco, insieme ai governi di Malta e di Cipro, ha bloccato la proposta della Commissione Europa di mettere integralmente al bando il trasporto di gas e petrolio russo, divieto da applicare a tutte le compagnie marittime con sede in Europa, incluse quelle greche. In effetti si sono mossi proprio nel momento più opportuno per il capitale marittimo greco, che al momento grazie alla guerra in Ucraina sta godendo di enormi profitti.
Un’analisi pubblicata su Lloyd’s List (bollettino di informazione sui traffici marittimi internazionali) ha documentato questo nuovo miracolo a beneficio dei capitalisti greci.
Dalla fine di febbraio, quando l’imperialismo russo ha messo in atto l’invasione dell’Ucraina, alla fine di aprile, nonostante le sanzioni internazionali, nei porti russi sono stati imbarcati circa 4,5 milioni di barili di greggio al giorno, per un valore di 509 milioni di dollari. In particolare delle 190 petroliere che hanno trasportato greggio e gasolio russi tra il primo e il 27 aprile 76 appartenevano ad armatori greci. Un anno fa nello stesso periodo le petroliere greche utilizzate erano 30!
Molti report citano anche per nomegli armatori che hanno sfruttato l’occasione per incrementare il proprio giro d’affari grazie alla guerra in Ucraina. Si tratta di Gruppo Oikonomou (TMS Tankers), Andreas Martinos (Minerva Maritime), Konstantinos Martinos (Thenamaris Shipping), Diamantis Diamantidis, Dimitris Prokopiou (Centrofin), Thanassis Martinos (Eastern Mediterranean), Tsakos Group.
La redditività di questi gruppi è davvero scioccante! Secondo i dati di Baltic Exchange, le tariffe di spedizione per i charter diretti dai porti russi al Mar Nero e al Mar Baltico si sono impennate da circa 6.000 dollari al giorno prima dell’invasione a 350.000! Significa che i profitti si sono moltiplicati per 60 volte!
Insomma lo shipping si dimostra ancora una volta il “gioiello di famiglia” del capitalismo greco.
Disponendo di una flotta di 5.000 navi gli armatori greci controllano il 20% del tonnellaggio mondiale (un termine utilizzato nel settore per confrontare la stazza in base allo spazio disponibile per trasportare merci) e il 60% di quello europeo. In particolare controllano il 30,25% della flotta mondiale di petroliere, il 14,64% delle navi per il trasporto di prodotti chimici e derivati del petrolio, il 15,58% delle gasiere, il 20,04% della navi per il trasporto di rinfuse (cereali, carbone ecc.) e il 9,53% delle portacontainer.
D’altro canto il “gioiello” del capitalismo greco da decenni gode di ben 56 esenzioni fiscali garantite da leggi speciali. L’industria dello shipping è realmente una delle attività più protette dallo Stato. È così che gli armatori greci sono giunti a fregarsene di tutto, che si tratti di bandiere, regole, tasse e soprattutto dell’intera società e dei lavoratori.